Scandalo Cambridge Analytica: Facebook sospende 200 applicazioni

Dopo lo scandalo generato dal caso Cambridge Analytica Facebook sta cercando di monitorare in maniera più efficace le applicazioni di terze parti presenti all’interno del famoso social media.

Lo scopo della verifica è capire quali app rubano i dati degli utenti e sospenderle.

Dopo una prima analisi, Facebook ha deciso di sospendere 200 applicazioni di terze parti (su diverse migliaia analizzate) che nel tempo hanno registrato e condiviso online le informazioni inserite dagli utenti iscritti al social network. Duecento applicazioni possono sembrare un’infinità se consideriamo la mole di dati che può raccogliere anche un singolo servizio ma per Facebook si tratta solo di un granello di sale. Gli stessi responsabili per la sicurezza e la privacy del social media hanno dichiarato sul blog Facebook che si tratta solo di un primo passo verso la protezione degli utenti e che nei prossimi giorni verranno sospese moltissime altre applicazioni di terze parti presenti su Facebook.

Le prime mosse di Zuckerberg dopo Cambridge Analytica

La sospensione delle 200 applicazioni è il primo risultato di un’indagine annunciata da Mark Zuckerberg lo scorso 21 marzo. Una mossa necessaria per rispondere allo scandalo generato dal caso Cambridge Analytica, che ha visto il coinvolgimento anche di 214mila utenti italiani. Oltre alla sospensione delle applicazioni, alla quale seguiranno ulteriori blocchi, Facebook sta per lanciare Clear History, un servizio che permette agli utenti di visualizzare e cancellare le informazioni che le varie applicazioni e siti web hanno raccolto sul loro conto. C’è da aggiungere che, al momento, le 200 app non sono state eliminate: i tecnici di Menlo Park stanno svolgendo delle ricerche incrociate per verificare che il comportamento sia stato effettivamente illegittimo, e siano da cancellare definitivamente, oppure possono essere reintegrate.

MyPersonality, l’app che ha raccolto i dati di 3 milioni di utenti

Tra le 200 applicazioni sospese da Facebook sicuramente il ruolo da protagonista spetta a MyPersonality. Di suo il servizio non ha niente di eclatante: si tratta semplicemente di un quiz sulla nostra personalità sviluppato da alcuni docenti della Cambridge University, David Stillwell e Michal Kosinski. Il problema è che il servizio ha raccolto diverse informazioni sensibili sugli utenti che hanno fatto il test, come età, sesso, localizzazione e post in bacheca e li ha salvati su un sito di terze parti non sicuro. Stando alle prime stime sono circa sei milioni gli utenti che hanno completato il test e di questi circa 3 milioni hanno accettato di condividere i loro dati con gli sviluppatori. In teoria fin qui niente di davvero pericoloso, perché sulla carta i dati dovevano essere a disposizione solo dei ricercatori dell’università britannica. Peccato, però, che uno studente della stessa università abbia pubblicato le credenziali per visionare queste informazioni su GitHub (una piattaforma open source per lo sviluppo di programmi informatici). Con questa mossa le informazioni dei 3 milioni di utenti sono diventate consutlabili da chiunque

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