Un sondaggio condotto da Barracuda rivela quali siano le principali preoccupazioni degli utenti e quanto danno il ransomware possa causare soprattutto alle medie imprese
Ogni pochi anni una nuova minaccia emerge e diventa il metodo preferito di attacco da parte dei cybercriminali. Non tanto tempo fa, nei titoli dei giornali erano ricorrenti gli accenni alle APT (advanced persistent threat) e le organizzazioni di ogni genere erano continuamente impegnate a dare la caccia ai criminali che si nascondevano nelle loro reti.
Dopo il phishing, il ransomware è senza dubbio il tipo di attacco più di successo e profittevole per i cybercriminali. Si calcola che solo lo scorso anno il ransomware sia costato alle vittime circa 1 miliardo di dollari in tutto il mondo.
Gli attacchi ransomware cui abbiamo assistito recentemente rappresentano una minaccia ancora più pericolosa. Anziché chiedere denaro e andarsene, alcune varianti non si limitano a criptare i dati ma li cancellano, senza alcuna possibilità di recuperarli. A questo punto viene da domandarsi quale sarà il prossimo passo. Magari una nuova tattica che obbliga la vittima a pagamenti ricorrenti per mantenere la disponibilità dei suoi dati conosciuta come “protectionware”?
L’impatto di questi attacchi è potenzialmente di vastissima portata. Non sono solo i soldi a essere a rischio, ma anche la reputazione dell’azienda, la sua sopravvivenza e i posti di lavoro. Gli effetti possono essere devastanti, soprattutto per una piccola impresa che difficilmente dispone delle risorse necessarie per un ripristino rapido. A parte l’aspetto finanziario, ci sono effetti a cascata sul business. Ecco qualche esempio:
Data la rilevanza di questa minaccia, Barracuda ha voluto approfondire la questione. Lo scorso aprile ha condotto un breve sondaggio incentrato sul ransomware cercando di capire quali siano le principali preoccupazioni degli utenti e quanto danno possa fare soprattutto nelle medie imprese. Sono state raccolte più di 1.000 risposte da organizzazioni fino a 1.000 dipendenti in Europa e nelle Americhe: la percentuale maggiore di aziende intervistate era nella fascia 101-250 dipendenti (18,1%).
I risultati sono illuminanti. Chiaramente la stragrande maggioranza (92%) si dice preoccupata del fatto che la propria azienda possa essere colpita dal ransomware. E i timori sembrano fondati giacché quasi la metà degli intervistati (47%) ammette di essere già stato vittima di tali attacchi. Di questi, il 59% non è stato in grado di identificare l’origine dell’attacco. Sfortunatamente, ma non è una sorpresa, molte aziende sono spesso inconsapevoli non solo di dove sia avvenuta la violazione ma addirittura del fatto che la loro rete sia stata violata. Tuttavia, del 41% che è stato in grado di identificare la fonte, il 76% riferisce che l’attacco è avvenuto attraverso la mail. La posta elettronica continua a essere lo strumento di comunicazione più usato nel lavoro e, di conseguenza, il più comune vettore di minacce. Questi dati sottolineano l’importanza di una sicurezza a livelli per la posta: a livello del gateway, per i messaggi interni e naturalmente per una delle aree più frequentemente trascurate: la formazione del personale che rappresenta l’anello più debole quando si tratta di protezione di minacce come il ransomware.
I risultati sono particolarmente interessati restringendo il campo agli utilizzatori di applicazioni SaaS, in quanto sono correlati alle funzioni di sicurezza già presenti in queste applicazioni. Il 70% degli intervistati, ad esempio, non crede che Microsoft Office 365 soddisfi i loro criteri di protezione dal ransomware, il che evidenzia il valore di soluzioni di sicurezza di terze parti. Circa il 60% degli intervistati usa infatti soluzioni di sicurezza di terze parti per potenziare le funzioni di sicurezza native: in pratica appare chiaro che le aziende si sentono sicure solo affiancando alle applicazioni soluzioni di sicurezza esterne.
Come fare dunque per proteggersi da questi rischi?
Ecco alcuni suggerimenti che consentiranno alle aziende di non aggiungersi a quel 47% che è stato vittima del ransomware:
- Nessun obiettivo è troppo piccolo. Un comune pregiudizio vuole che le aziende piccole e medie siano meno suscettibili di attacco e, di conseguenza, più sicure. In realtà, queste organizzazioni sono più a rischio, in quanto il malvivente presume che abbiano meno persone, tecnologia e risorse per combattere i criminali.
- Proteggere tutto. La trasformazione digitale porta con sé enormi opportunità per le aziende in termini di produttività e di risparmi. Ma comporta anche la presenza di superfici di attacco più ampie, aprendo la strada ad attacchi più sofisticati e mirati. Gli attacchi più moderni sfruttano diversi vettori: come emerge dalla nostra ricerca, le email restano un mezzo chiave per il ransomware. La miglior difesa è l’attacco e le aziende devo adottare un approccio basato su una sicurezza omnicomprensiva per proteggersi dagli attacchi più moderni. Per farlo, le organizzazioni devono disporre di ATP (Advanced Threat Protection) per tutti i possibili vettori di minacce. Un firewall da solo non basta, come del resto un gateway per la protezione delle email da solo non è sufficiente. Nel momento in cui le organizzazioni cercano di approfittare dei benefici del cloud e della virtualizzazione, è importante che i controlli di accesso e la sicurezza siano allo stesso livello dell’infrastruttura on premise.
- Regolamentare, controllare, educare. I comportamenti degli utenti possono essere l’anello più debole ed è inevitabile che qualcuno prima o poi clicchi dove non dovrebbe. La formazione è comunque un aspetto critico di ogni strategia di protezione dei dati in quanto i malintenzionati cercano sempre più di sfruttare le “reti umane” per lanciare campagne di phishing mirate.
- Riprendersi dagli attacchi minimizzando i danni. Quando tutte le precauzioni hanno fallito occorre un piano per ripristinare rapidamente i dati. Per il ransomware il miglior approccio consiste tipicamente nell’ideare e implementare un piano completo di backup e ripristino che vi permetta di recuperare tutti i file cifrati col minimo sforzo.
E’ importante sottolineare che anche chi non è stato ancora colpito non significa che sia immune da attacchi futuri. Alcuni criminali potrebbero infatti considerare queste organizzazioni una facile preda e creare piani per un attacco dalle conseguenze ancora più pesanti. Ciò significa che non è mai troppo tardi per rivedere la strategia di protezione dell’azienda.
La missione di Barracuda è aiutare i clienti a proteggere utenti, applicazioni e dati, indipendentemente da dove risiedano. Con oltre 150.000 clienti in tutto il mondo che si affidano a Barracuda per difendere la propria organizzazione da minacce come il ransomware, l’azienda ha un punto di vista unico e globale sull’evoluzione dello scenario. Proteggere i clienti dal ransomware è per Barracuda un obiettivo prioritario: sia mediante la collaborazione con associazioni come No More Ransom (nomoreransom.org), sia mediante il portfolio di soluzioni per la sicurezza e la protezione dei dati, Barracuda è all’avanguardia per aiutare i clienti in un percorso di trasformazione digitale sicuro.