“Il mio ha messo a nudo che i sistemi del Ministero della Giustizia e della Guardia di Finanza sono facilmente permeabili. Avrà certo le sanzioni che merita, i reati ci sono, ma il problema vero è che i sistemi informatici in questione sembrano assomigliare a un colabrodo”, ha dichiarato Gioacchino Genchi, legale di Miano.
Gli apparati informatici di archiviazione di massa di Carmelo Miano sono “caratterizzati da un elevato livello di crittografia dei dati che neppure il Cnaipic (Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche), massimo organo tecnico specializzato in materia è in grado di eludere e rimuovere”.
Lo ha specificato la Procura di Napoli dopo l’arresto del criminal hacker da parte della Polizia Postale lo scorso 2 ottobre, al termine di indagini coordinate dalla Procura di Napoli, per avere violato i sistemi informatici del Ministero della Giustizia ma anche della Guardia di Finanza, di Tim e di Telespazio.
Gratteri: “L’indagine sarà lunga”
“Abbiamo utilizzato tecniche di indagine avanzate – ha spiegato il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nicola Gratteri – “Abbiamo anche “imparato”, seguendo l’hacker, cose nuove. Abbiamo ottenuto risultati importanti. Ci sono milioni di file audio e video, milioni di documenti e quindi l’indagine sarà lunga”.
Durante l’interrogatorio di garanzia di venerdì, il giovane ha ammesso gli accessi abusivi, sostenendo però di averlo fatto da solo, senza alcun mandato e senza provocare alcun danno. Per gli inquirenti invece, non solo ha agito con l’ausilio di più complici, ma ha anche impostato “nuove e differenti regole sui firewall posti a protezione della rete del Ministero della Giustizia”, fatto che “costituisce un’evidente e significativa turbativa del normale funzionamento del sistema informatico nel suo complesso”.
Inoltre Miano ha messo sotto scacco 56 delle 59 postazioni presenti negli uffici giudiziari di Gela, in provincia di Caltanissetta, dai quali, attraverso un account di super-administrator, ha esteso il suo controllo ai server del ministero della Giustizia dislocati a Napoli.
La difesa dell’avvocato Gioacchino Genchi: “Ha messo in evidenza la fragilità dei sistemi informatici violati”
“Il problema non è tanto quello che il mio assistito ha fatto, hackerando dei server, cosa che ha ammesso, ma il fatto che lo abbia potuto fare: questo ragazzo, laureato in informatica a pieni voti, che è di buona famiglia e per fortuna non ha nessun legame con mafia e terrorismo, ha messo a nudo che i sistemi del Ministero della Giustizia e della Guardia di Finanza sono facilmente permeabili. Avrà certo le sanzioni che merita, i reati ci sono, ma il problema vero è che i sistemi informatici in questione sembrano assomigliare a un colabrodo”, ha dichiarato Gioacchino Genchi, legale di Miano.
“Il mio assistito – ha spiegato – ha ammesso le sue responsabilità, ampliando anche l’arco temporale nel quale le ha eseguite: ha spiegato che le sue attività sono state finalizzate esclusivamente ad acquisire informazioni sul procedimento a suo carico. Per questo e solo per questo, senza danneggiare i sistemi, ha acquisito milioni di file. Ha agito da solo e non c’è stata un’acquisizione massiva finalizzata a divulgare o cedere ad altri i documenti. Ma comunque un ragazzo di 23 anni ha messo sotto scacco, con estrema facilità, sistemi delicatissimi. E se invece di lui a compiere l’hackeraggio fosse stato un mafioso o un terrorista?”