Funzionari dell’intelligence americana hanno raccontato al Washington Post che gli Emirati Arabi Uniti avrebbero organizzato un attacco hacker contro il Qatar, per infangare la reputazione dell’emiro.
La storia: all’improvviso, il 24 maggio, sull’agenzia stampa statale e su alcuni account istituzionali di Doha apparve una notizia controversa. L’emiro Tamim bin Hamad al-Thani parlava dell’Iran come di “grande potenza islamica”, esaltava i Fratelli musulmani e Hamas. Dichiarazioni agli antipodi della linea che l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti stanno dettando all’interno degli stati del Golfo (e del suo meccanismo internazionale, il Consiglio di cooperazione) e che fece da aperitivo alla più grossa crisi regionale dalla guerra Iran/Iraq, quella che vede Doha messa in una condizione di completo isolamento diplomatico per decisione di Riad e Abu Dhabi – e si porta dietro il coinvolgimento nel tentativo di mediazione di tutte le principali diplomazie internazionali.
Il Qatar denunciò da subito l’attacco hacker, smentì immediatamente quelle false dichiarazioni diffuse, accusò ignoti di sabotare la situazione per innescare la miccia. La news, che secondo l’intel americana era finta e frutto di un’operazione hacking, non servì come casus belli, ma preparò la strada propagandistica per la mossa isolante arrivata il 5 giugno sotto una scusa formale: Doha starebbe finanziando gruppi terroristici.
Le rivelazioni ottenute dal WaPo dicono che il 23 maggio le alte sfere del governo emiratino si sono riunite per dare il via al piano. Il giornale aggiunge che non è chiaro se è stata un’operazione condotta da Abu Dhabi, oppure gli Emirati hanno ingaggiato qualcuno per finalizzarla.