La Lega ha messo a punto un emendamento al DL ‘Asset’ che prevede l’esclusione di aziende cinesi e russe dal Piano Nazionale per la Microelettronica.
Se si vuole alimentare la filiera italiana sui microchip, i fondi nazionali non possono andare anche ad aziende cinesi e russe. Sarebbe come il cane che si morde la coda.
Nasce da questa considerazione strategica la proposta di emendamento della Lega all’articolo 5 del decreto legge ‘Asset’, in conversione al Senato.
Il Decreto prevede l’anticipo di alcune misure urgenti del Piano Nazionale per la Microelettronica, destinando al settore circa 700 milioni di euro, attraverso un credito d’imposta maggiorato per la ricerca e lo sviluppo nel settore dei semiconduttori.
Il testo dell’emendamento
“Sono in ogni caso escluse dal credito di imposta le imprese controllate o che collaborano con imprese controllate da entità di Paesi che non condividono i princìpi dell’Ue”. Questo prevede la proposta di emendamento a firma dei senatori Lega Minasi, Potenti, Germanà, Bizzotto e Cantalamessa. I diretti interessati sono, appunto, aziende cinesi e russe. Il testo è stato dichiarato ammissibile dalla presidenza delle commissioni cui il provvedimento è assegnato ed ora si attende il parere del Governo.
In attesa di conoscere il parere del Governo, questo emendamento ha il merito di suonare un allarme sul Piano Nazionale per la Microelettronica. Ci sarebbe il rischio di usare una parte dei fondi per finanziare aziende che non andrebbero ad alimentare l’autonomia del settore italiano. Inoltre, Buono, la proposta di emendamento ricalca quanto scritto nella comunicazione della Commissione UE per la strategia europea dei chip (Chips Act).
Infine, è utile ricordare il ban dalla Pubblica Amministrazione deciso dall’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN) nei confronti delle aziende russe Kaspersky Lab, Group-IB e Positive Technologies per motivi tecnici e geopolitici a due mesi dall’inizio della guerra scatenata da Mosca nei confronti dell’Ucraina. La circolare dell’ACN, era attesa e prevista dall’articolo 29 del decreto-legge ‘Ucraina’ con cui il Governo ha introdotto per le PA in ambito cybersecurity l’obbligo di “diversificazione” di prodotti e servizi tecnologici se di proprietà di aziende legate a Mosca.