Che le fake news siano un’arma molto potente è ormai un fatto assodato. Soprattutto unite all’ambito cyber, che svolge funzione di moltiplicatore di forza grazie all’effetto megafono.
Ma, contrariamente alla credenza generale, non sempre sono un male. Possono essere usate, infatti, anche a fin di bene contro nemici pericolosi. Soprattutto se diventano virali. L’esempio eclatante è stata l’operazione degli hacker iracheni DaeshGram, che hanno creato una falsa pagina di Amaq, l’organo di propaganda web Isis. Il “fake” era assolutamente identico all’originale, mentre ciò che cambiava erano i contenuti. L’azione ha creato grande confusione all’interno del Daesh. I simpatizzanti sono caduti nel panico e sono scoppiate guerre tra i gruppi che postavano contenuti legati allo Stato Islamico, con reciproche accuse di tradimento. Di conseguenza, le fake news in questo caso hanno arrecato un grave danno a una minaccia contro tutti a livello globale.
Le fake news come arma strategica comincia a essere discusso a livello internazionale. Ma solo nella cyberwarfare
Il concetto delle fake news come arma strategica comincia a essere discusso anche a livello internazionale. Finora c’erano stati pochi casi, limitati per lo più all’area della Russia, accusata di portare avanti campagne di disinformazione o di pressione a vantaggio dei propri interessi. Diversi paesi occidentali, invece, le cominciano a valutare nell’ambito della cyber difesa attiva. Cioè azioni di cyberwarfare aggressive, in risposta o prevenzione di aggressioni informatiche straniere. Hanno un costo esiguo rispetto a uso di mezzi tradizionali, preservano la vita delle proprie forze e – se usate con sapienza- potenzialmente sono in grado di causare danni molto ingenti, difficilmente sanabili dal nemico in tempi brevi. Senza contare che possono essere rivolte contro obiettivi specifici grazie al megafono internet, che ne amplifica esponenzialmente gli effetti.
Il terrorismo usa da tempo le fake news sul web per accrescere il proprio peso. Da Isis ad al-Qaeda, fino a Boko Haram. La vera guerra, infatti, è quella cyber
Le fake news sono un’arma preziosa anche contro il terrorismo, nonostante sia poco usata. Ormai il web è diventato un’area di operazioni non solo per Isis. Ma ance per le altre grandi formazioni jihadiste, da al-Qaeda a Boko Haram. Combatterle sul terreno costa denaro, risorse e pone rischi per l’incolumità delle truppe. Senza, peraltro, la garanzia di successi a lungo termine. La vera guerra è diventata quella cyber. L’unica in grado di vanificare gli sforzi di propaganda e radicalizzazioni dei terroristi. Di conseguenza, è lì che bisognerà insistere se si vuole porre fine alle minacce. E in questo contesto, le fake news – come si è visto con DaeshGram e altri – possono fare la differenza. Cosa succederebbe per esempio se la rete fosse invasa da notizie in netta contrapposizione a quanto postato dai miliziani? A chi crederebbero i simpatizzanti o gli indecisi?
I jihadisti, nonostante siano i primi diffusori di fake news, non sarebbero in grado di resistere a una offensiva nemica corale e coordinata
Le fake news, d’altronde, vengono già usate dai terroristi e da tempo. Questi, seppur esperti del mondo cyber e della comunicazione, hanno una capacità limitata d’azione. Mentre quella della comunità internazionale virtualmente è infinita. Di conseguenza, massicce campagne corali e coordinate (non affidate alla buona volontà e all’expertise dei singoli come avviene oggi) potrebbero produrre effetti devastanti sulla propaganda jihadista online. Ciò con 3 risultato: ai terroristi si toglierebbe il terreno di scontro più proficuo e meno rischioso: quello del cyberspazio; inoltre sarebbero costretti a spendere molte più risorse, soprattutto economiche, per tentare di inseguire un nemico irraggiungibile; infine, grazie al coordinamento nelle campagne, si eviterebbe di danneggiare gli sforzi di monitoraggio da parte delle intelligence internazionali contro gruppi, singoli e canali di comunicazione.