Il paradigma “as a Service” sta ampliando il processo di virtualizzazione dei servizi. Tutto diventa servizio e tutto può essere virtualizzato. Il cloud computing è alla base di tale percorso, integrando anche gli strumenti più utilizzati per la protezione dei dati personali.
Esperienza d’uso semplice ed intuitiva, migliore controllo sulle attività, riduzione dei costi, offerta a consumo, maggiore efficienza e velocità, affidabilità e sicurezza, flessibilità e scalabilità, protezione dei dati in qualsiasi formato, gestione centralizzata, la virtualizzazione dei processi significa anche questo e secondo un recente Report pubblicato da Allied Market Research: la spesa in soluzioni “Data protection as a Service” (DPaaS) crescerà notevolmente nei prossimi anni, raggiungendo nel 2022 la soglia dei 29 miliardi di dollari, un aumento del 31% rispetto al 2017.
All’inizio dell’anno passato, un altro Report di Transparency Market Research valutava il mercato mondiale delle soluzioni DPaaS attorno ai 46 miliardi di dollari nel 2024.
Stiamo parlando di un settore in rapida affermazione, anche favorita dall’arrivo del nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (Gdpr) il prossimo 25 maggio, che potrebbe ulteriormente crescere ad un tasso annuale composto del 33% fino al 2022.
Un esempio dei possibili utilizzi della DPaaS è il recupero di dati a seguito di qualche errore o attacco, che avviene in maniera molto più rapida rispetto a un qualsiasi modello di backup tradizionale: per il ripristino di dati si parla di ore, non di giorni (anche per set di dati molto grandi).
È sul cloud che si stanno concentrando gli investimenti delle imprese di tutto il mondo, che secondo IDC andranno ad investire oltre 530 miliardi di dollari nel 2021, con ricavi che Forrester ha calcolato per il 2016 a 114 miliardi di dollari (dai 68 miliardi del 2014).
Parallelamente, le organizzazioni investono sempre di più in sicurezza, in soluzioni di IT security, che Gartner ha stimato in 86 miliardi di dollari nel 2017 e in 93 miliardi di dollari per la fine del 2018.
La stessa cosa accade nel nostro Paese. Il 45% circa delle grandi imprese italiane ha destinato alla sicurezza dall’1 al 3% del proprio budget IT, mentre è considerata una priorità per quasi il 40% dei CIO secondo l’ultimo Assintel Report: questo perché sempre più ci stiamo trasformando in un’economia data-driven, con le minacce e gli attacchi informatici che si moltiplicano.
Tecnologie per la sicurezza informatica che ormai rientrano nel vasto contenitore della cybersecurity, un mercato articolato in termini di tecnologie e strumenti, software e applicazioni, che secondo Cybersecurity Ventures vedrà investire complessivamente, nell’arco dei prossimi cinque anni, quasi 1.000 miliardi di dollari a livello globale.