A Bruxelles si è tenuto l’Economic Ideas Forum 2017, organizzato dal Martens Centre, il Think Tank dell’EPP, Partito Popolare Europeo. Tanti i temi toccati, dal digitale al futuro del lavoro in Europa
Martedì a Bruxelles si è tenuto l’Economic Ideas Forum (#eif2017), evento organizzato annualmente dal Martens Centre, il Think Tank dell’EPP, il Partito Popolare Europeo. Tanti i temi toccati, dal digitale al futuro del lavoro in Europa.
Cybersecurity e Data Economy
Il quadro venuto fuori dai panel dipingono uno scenario in cui l’Europa non sembra essere al passo col resto del mondo. Da un lato si è ricordato il monito di Juncker, Presidente della Commissione Europea, secondo cui la minaccia di un attacco hacker su larga scala non solo potrebbe costare centinaia di miliardi a livello globale, ma metterebbe in pericolo il processo democratico molto più delle pistole. Dall’altro però, come ricordato da Andreas Schwab, europarlamentare tedesco che si occupa di politiche digitali, gli investimenti fatti dagli Stati Uniti in cybersecurity ammontano a miliardi mentre quelli europei a centinaia di milioni.
Non solo però l’Europa non sta investendo abbastanza in cyber security e cyber resilience, ovvero la capacità di affrontare un attacco informatico, ma non sta neanche massimizzando l’economia dei dati.
Juho Romakkaniemi, capo gabbinetto del vice commissario europeo al lavoro, crescita, investimenti e competitività Jyrki Katainen, ha riportato un dato a riguardo: nel 2006 tra le prime 10 aziende al mondo 5 erano petrolifere, 1 tecnologica e 2 erano europee. Nel 2016, 5 erano tech company, 1 era petrolifera mentre le europee sono scomparse.
Senza dubbio però un punto all’Unione Europea va riconosciuto, e di valore anche. L’entrata in vigore del regolamento europeo sulla protezione dei dati (GDPR), a partire dal 25 maggio 2018, ha obbligato le aziende europee, così come quelle straniere che lavorano con i dati dei cittadini europei, a garantire una maggior protezione dei dati e a dare maggior controllo su questi all’utente, pena una multa che può arrivare fino al 4% del fatturato globale, come ricordato da Dara Murphy, Ministro Irlandese agli affari europei e alla protezione dei dati. La GDPR quindi innalzerà il livello di protezione dei dati per tutto il mondo, andando a beneficiare anche chi non è così protetto come in Europa.
Social Network, fake news e responsabilità
Alla luce delle nuove rivelazioni dei #ParadisePapers, anche dopo un anno dalle elezioni americane, il tema fake news resta caldo mentre le soluzioni proposte lo sono meno.
David Wheeldon, Director of Policy and Public Affairs di SKY, non ha dubbi a riguardo. Secondo lui le piattaforme non sono meri aggregatori ma si comportano come editori veri e propri e per questo dovrebbero essere responsabili verso gli utenti della veridicità dei contenuti che ospitano, come gli altri broadcaster classici.
Al momento le piattaforme sono regolate dalla Direttiva eCommerce che esclude la responsabilità editoriale delle piattaforme come i social network salvo che questi non siano al corrente di una violazione di legge. L’attuale proposta di riforma del copyright vorrebbe invece, con l’Art. 13, un filtro dei contenuti in fase di upload (ne abbiamo parlato approfonditamente qui).
Di diverso avviso è stato Schwab, il quale è più cauto sul tema. Secondo lui infatti non si può lasciare nè ai social network nè ai governi il potere di decidere cosa va pubblicato e cosa no, perché questa scelta potrebbe portare a una facile censura. Solo i giudici dovrebbero giudicare caso per caso.
D’altro canto il problema contestato dall’industria dei media è che chiaramente, per via del progresso tecnologico, è difficile pensare che i giudici abbiano il tempo di giudicare in tempi brevi le migliaia di violazioni che avvengono ogni giorno online.
Forse la proposta più interessante è venuta dal pubblico: realtà come Facebook e Google non dovrebbero fare un controllo preventivo ma piuttosto dovrebbero avvertire l’utente se ha intercettato nella sua timeline o ricerca delle fake news.