Cyber diplomacy, la nuova frontiera della Farnesina

Le peculiarità della sua cyber diplomacy che il ministero degli Esteri italiano sta gradualmente sviluppando nell’intervista di Formiche.net a Francesco Maria Talò, coordinatore per la cyber security alla Farnesina.

Il ministero degli Esteri italiano sta gradualmente sviluppando le peculiarità della sua cyber diplomacy, basandosi su tre elementi principali: l’aspetto difensivo, quello diplomatico e quello di sfruttamento delle opportunità. A spiegarlo a Formiche.net è Francesco Maria Talò, già ambasciatore italiano in Israele e oggi coordinatore per la cyber security alla Farnesina.

Intervistato a margine di un evento organizzato da Cse CybSec in collaborazione con il Centro Studi Americani e Cyber Affairs, il diplomatico analizza le peculiarità dell’ecosistema informatico italiano, sottolineando la necessità di avere un occhio di riguardo alla promozione del Sistema-Paese.

Ambasciatore Talò, quali misure crede prioritarie per migliorare l’assetto della cyber security italiana?

La materia è in costante evoluzione. Ci siamo attrezzati con un dispositivo normativo recente che semplifica l’assetto e lo rende più compatto ed allo stesso tempo meglio raccordato. Un elemento cruciale in questo settore è quello della interdisciplinarietà, ossia la capacità di dialogo tra i vari attori. Questo sistema in Italia si basa essenzialmente su tre elementi: il pubblico, ossia le istituzioni; il privato, rappresentato dalle nostre imprese, e l’accademico, con i centri di ricerca. Queste tre “gambe” hanno delle ripercussioni importanti in ambito internazionale, di competenza della Farnesina, dove anche vige una sempre maggiore interdisciplinarietà nel trattamento della materia.

Che cosa sta facendo, a riguardo, il ministero degli Affari esteri?

Il Maeci sta gradualmente sviluppando le peculiarità della sua cyber diplomacy basandosi su tre ulteriori elementi: l’aspetto difensivo, quello diplomatico e quello di sfruttamento delle opportunità. Cyber significa infatti “opportunità”. L’Italia ha un sistema-paese forte, con una sezione pubblica che si sta strutturando bene, un settore privato con dei campioni di livello assoluto congiunti ad una rete di piccole e medie imprese oltre alle start-up. Inoltre, lo stivale ha un mondo accademico importante: l’esempio lampante è il consorzio “CINI” (Consorzio Interuniversitario per l’Informatica) che ha pubblicato un libro bianco disponibile sia in italiano che in inglese. Ciò che possiamo e dobbiamo attuare è una promozione del nostro “sistema-paese” nel mondo, dimostrando la nostra capacità di “fare cyber” mettendo in mostra le eccellenze delle nuove tecnologie made-in-Italy.

Che strumenti ha, l’Italia, per promuovere all’estero le sue tecnologie cyber?

La promozione del nostro sistema-Paese è comunque affiancata ad una efficace attività negoziale all’interno degli organismi internazionali di cui siamo membri, tra i quali le Nazioni Unite e l’Unione Europea. A Bruxelles, l’Italia deve far valere suoi punti di forza e le sue esigenze e sfruttare le opportunità nella valorizzazione degli interessi nazionali.

Anche all’Osce, dove quest’anno abbiamo la Presidenza, siamo attivi in campo cyber dal momento che l’organizzazione ha sviluppato una serie di misure di fiducia reciproca in questo specifico settore. Nella Nato, invece, l’Italia è attiva insieme ai suoi alleati, dato che quella cyber è divenuta una delle cinque dimensioni di attività dell’Alleanza Atlantica, insieme a quelle tradizionali ossia terra-mare-cielo e spazio extra-atmosferico.

Paesi diversi hanno idee diverse su come bilanciare due diritti come protezione dei dati personali e sicurezza degli utenti di Internet. Crede che, almeno in Europa, il nuovo Regolamento Privacy (il cosiddetto Gdpr) appianerà queste divergenze?

Il panorama cyber in ambito europeo consta di una triade di valori che devono necessariamente coesistere: sicurezza, ossia la difesa dagli attacchi esterni; la libertà, ossia la sopravvivenza di cyber-space aperto; la privacy, per garantire la sicurezza e riservatezza delle informazioni degli individui. A questi valori, dobbiamo aggiungere il rispetto e la tolleranza altrui. Lo spazio cibernetico non può ad esempio accettare episodi di anti-semitismo, aspetto trattato nella conferenza che ho organizzato a fine gennaio al Maeci.

Per quanto riguarda nello specifico il Gdpr, la nuova normativa riguarda soprattutto la privacy, ed il diritto dei cittadini europei a vedere rispettato questo elemento. Da questo punto di vista Ue si sta ponendo all’avanguardia. Il Gdpr può produrre risultati se ci impegneremo tutti per far sì che continui ad esistere uno spazio in cui ci si può comunque esprimere liberamente ed in sicurezza.

Quali sono i prossimi appuntamenti fissati nell’agenda del Maeci per la promozione del mondo cyber?

Vogliamo fortemente rendere l’Italia protagonista nel panorama cyber. Cybertech Europe (organizzata nel vecchio continente in collaborazione con il campione italiano dell’aerospazio e della Difesa Leonardo, ndr) è una prestigiosa manifestazione che Roma ospiterà per la terza volta il 26 e il 27 settembre prossimi. Mi sono prodigato personalmente per far sì che fosse la capitale italiana la sede prescelta per questa manifestazione. Auguro che si possano bissare, anzi aumentare, le quattromila presenze della edizione precedente presso la Nuvola di Fuksas.

Da già ambasciatore d’Italia in Israele, quali auspici per la Cyber-Week della prossima settimana a Tel Aviv, nell’ambito della quale si tiene un panel dedicato proprio ai rapporti italo-israeliani?

L’ambasciata a Tel Aviv è molto attiva per favorire la partecipazione attiva di nostri rappresentanti all’evento. Ormai è in corso un dialogo regolare tra attori italiani ed israeliani in tutti i settori. La Cyber-Week sarà senz’altro una ottima occasione di incontro per gli operatori italiani.

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