L‘intelligence Usa nel frattempo sta lavorando per accertare se gli hacker della Colonial Pipeline abbiano legami col governo russo o altre nazioni.
“Siamo pronti a prendere misure aggiuntive in risposta alle possibili conseguenze del cyber attacco che ha causato la chiusura del Colonial Pipeline, il più grande oleodotto americano. Al momento però non ci sono le prove che il governo russo sia implicato nell’attacco informatico”.
Con queste parole dette ieri dal presidente degli Stati Uniti durante una conferenza stampa alla Casa Bianca, Joe biden getta acqua sul fuoco nei confronti della Russia, confermando la sua volontà di incontrare al più presto il presidente russo Vladimir Putin.
Il presidente americano ha comunque assicurato che la sua amministrazione sta tracciando l’attacco informatico con estrema attenzione e che perseguirà iniziative per la cyber sicurezza insieme ai privati nel settore energetico e in altri settori strategici.
“Il governo degli Stati Uniti perseguirà iniziative di sicurezza informatica con i privati che operano nel settore del petrolio, del gas naturale e altri settori”, ha aggiunto il presidente.
Al momento i vertici dell’Fbi hanno confermato che ad agire sarebbe stato il gruppo hacker DarkSide, gestito proprio da una gang criminale russa. Secondo gli esperti, l’organizzazione criminale non è nuova a questo tipo di azioni al fine di chiedere un riscatto in denaro per cessare le ostilità, anche se finora i suoi attacchi hanno sempre risparmiato obiettivi russi.
Ma se venisse appurato un coinvolgimento di Mosca nell’ultima azione messa a segno da DarkSide questo finirebbe per complicare, e non poco, il tentativo di disgelo tra Casa Bianca e Cremlino, con Biden pronto ad un vertice con Putin probabilmente a giugno, durante la sua missione in Europa. Un appuntamento già reso incerto dalla crisi ai confini con l’Ucraina e che potrebbe definitivamente saltare se spuntasse la responsabilità di Mosca dietro all’attacco all’oleodotto.
Ransomware e riscatto: nessuna conferma del pagamento
L‘intelligence Usa nel frattempo sta lavorando per accertare se gli hacker della Colonial Pipeline abbiano legami col governo russo o altre nazioni.
Ma per il momento, come ha tenuto a sottolineare il presidente americano, “non ci sono prove che Mosca sia coinvolta nel cyber attacco all’oleodotto“, ha dichiarato la vice consigliera della sicurezza nazionale Usa per il settore cyber, Anne Neuberger.
ha declinato di dire se la società Colonial Pipeline dovrebbe pagare o meno il riscatto chiesto dal gruppo di pirati informatici Darkside dopo il cyber attacco. “Questa è una decisione tipicamente del settore privato e l‘amministrazione non ha offerto ulteriori consigli al momento», ha spiegato, precisando che, dato l‘aumento dei riscatti chiesti tramite questo tipo di attacchi, “questa è un‘area che stiamo esaminando per indicare quale dovrebbe essere l‘approccio del governo”.
Il rischio dei rincari dei prezzi per la benzina
La chiusura del più grande sistema di condutture per prodotti raffinati sul territorio americano, rappresentando il 45% delle forniture della costa est del Paese, quella più popolosa, rischia di compromettere seriamente la distribuzione di carburante e di avere ripercussioni gravi sui cittadini americani, con all’orizzonte anche un possibile rincaro della benzina.
La società ha assicurato come si stia facendo di tutto per ripristinare la piena funzionalità del sistema, ma questo non potrà avvenire prima della fine della settimana, se non ci saranno nuovi contrattempi. “La situazione rimane fluida e continua ad evolversi”, si spiega nel quartier generale in Georgia, dove è stato messo a punto un piano di emergenza per la riapertura graduale dell’oleodotto.
Il prezzo della benzina nelle ultime ore è schizzato ai massimi dal maggio 2018, prima di scendere nuovamente dopo le rassicurazioni della Colonial Pipeline. Il dipartimento dei Trasporti americano, comunque, ha già autorizzato i conducenti dei camion per il trasporto di carburanti a lavorare oltre il limite delle 11 ore al giorno per far fronte all’emergenza.
Ripercussioni anche in Europa
Anche in Europa e ovunque nel mondo rischiamo di dover spendere di più per fare il pieno di carburante. Secondo il Sole24Ore, “se si moltiplicano i carichi per gli Usa probabilmente saliranno anche i prezzi europei dei carburanti”, avverte Warren Patterson, head of commodities strategy di ING. Anche le quotazioni internazionali del petrolio potrebbero tornare a surriscaldarsi, con potenziali ricadute sull’inflazione e sulla ripresa dell’economia.
Per il quotidiano economico “l’impennata dei prezzi potrebbe essere accentuata dal fatto che siamo alle porte dell’estate, quando ci si sposta di più per le vacanze. Anche il traffico aereo sembra sul punto di riprendersi dopo il Covid, grazie ai progressi della campagna vaccinale in molti Paesi”.