Secondo la memoria dell’avvocato difensore Miano ha inoltre trafugato l’intera lista degli utenti che utilizzano l’infrastruttura informatica del ministero della Giustizia e non solo quella dei magistrati.
Era in possesso, tra Firenze, Perugia e Torino, di ben 46 password di altrettanti magistrati inquirenti, tra cui anche quelle dei procuratori di Perugia e di Firenze. La circostanza emerge dagli approfondimenti investigativi eseguiti dalla Procura di Napoli sulle informazioni acquisite e analizzate dagli inquirenti nell’ambito dell’indagine sulle incursioni del criminal hacker siciliano 24enne Carmelo Miano arrestato tra l’altro con l’accusa di avere violato i server del Ministero della Giustizia.
Nella lista dei magistrati figura anche il procuratore di Napoli Nicola Gratteri. Secondo quanto rende noto il difensore di Miano, l’avvocato Gioacchino Genchi, in una memoria presentata ieri ai giudici del Riesame di Napoli, il criminal hacker ha eseguito delle ricerche di atti che lo riguardavano sulla webmail di Gratteri il quale però faceva scarso uso di quella mail “prediligendo in modo assai prudente altri canali di comunicazione più sicuri”.
Nella memoria di Genchi si legge che Miano “oltre agli accessi ai server e alle email della Guardia di Finanza, della TIM, della Leonardo e di altre aziende che operano nel settore delle infrastrutture informatiche istituzionali, per quanto riguarda la rete ‘giustizia.it’ ha tentato di accedere e ha certamente acceduto, procedendo altresì alla esfiltrazione di dati, alle caselle email personali, almeno, del sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Brescia Erica Battaglia; del sostituto procuratore di Roma Luigi Di Fede; del sostituto procuratore di Gela Fabrizio Furnari; del sostituto procuratore di Napoli Claudio Orazio Onorati”.
Miano ha inoltre trafugato l’intera lista degli utenti che utilizzano l’infrastruttura informatica del ministero della Giustizia e non solo quella dei magistrati; e da quel data-base ha ottenuto i nominativi degli utilizzatori e decriptato le password che poi ha stoccato in un’area riservata del suo computer.
Per la procura di Napoli il suo obiettivo era vendere i dati
Il legale dell’ingegnere informatico ha chiesto la scarcerazione del suo assistito e di trasferire gli atti alla Procura di Perugia.
Una richiesta fondata su un dato in particolare e cioè che tra le informazioni prelevate da Miano dai server del Ministero violati vi sono anche gli account mail dei magistrati romani che stavano indagando sul suo conto. La Procura, dal canto suo, si è detta contraria sia alla scarcerazione dell’indagato e anche al trasferimento del fascicolo a Perugia, indicata dall’avvocato Genchi, anche perché lo ritiene un individuo estremamente pericoloso.
Per gli inquirenti l’imponente quantità di dati sequestrati a Miano il primo ottobre scorso, poco si conciliano con la circostanza, sostenuta dall’indagato, che l’unico obiettivo era conoscere lo stato delle indagini che lo riguardavano.
Il movente dichiarato da Miano non corrisponderebbe con quanto emerso dagli approfondimenti investigativi (che proseguono) e che invece parrebbero sostenere la tesi secondo cui il suo reale obiettivo era vendere i dati.