Bombe nei cercapersone di Hezbollah, l’operazione del Mossad nata nel 2020? La ricostruzione

Secondo le ricostruzioni il Mossad ha acquistato la ditta ungherese coinvolta nella produzione dei cercapersone, avviando un piano segreto per inserire bombe nei pager destinati a Hezbollah.

L’operazione in cui migliaia di dispositivi tra cercapersone, radio e walkie talkie, appartenenti ad altrettanti miliziani Hezbollah, sono stati fatti esplodere per mano di Tel Aviv causando numerosi morti e il ferimento di circa 4000 persone, ha radici profonde che risalgono all’uccisione di Mohsen Fakhrizadeh in Iran nel 2020.

Lo rivela il sito di notizie Dagospia. L’analisi fa riferimento alla morte di Fakhrizadeh, figura chiave nel programma nucleare di Teheran, eliminato da una mitragliatrice controllata a distanza dall’intelligence israeliana. Secondo la ricostruzione di Dagospia, l’omicidio ha scatenando una catena di eventi che ha portato a un cambiamento tecnologico in Hezbollah.

Con l’obiettivo di evitare le intercettazioni e gli attacchi informatici israeliani, i membri di Hezbollah hanno optato per una tecnologia più arcaica e, a loro parere, più sicura: i cercapersone, considerati intrinsecamente più protetti dalle intrusioni esterne, si legge. “La ricerca di dispositivi analogici ha portato gli iraniani alla Gold Apollo a Taiwan, l’unica azienda ancora attiva nella produzione di cercapersone, gestita da Hsu Ching-kuan e con un sottocomponente produttivo in Ungheria presso la Bac. Di fronte alla crescente domanda di Hezbollah, spiega l’articolo, i taiwanesi hanno sollevato sospetti che hanno portato alla rottura dell’accordo. In questo frangente, il Mossad ha agito, intercettando comunicazioni e cogliendo un’opportunità unica.

Per Dagospia “Il Mossad ha acquistato la ditta ungherese coinvolta nella produzione, avviando un piano segreto per inserire bombe nei cercapersone destinati a Hezbollah. Durante il tragitto verso il Libano, le bombe sono state posizionate e sostituite nei dispositivi. L’esito dell’operazione è stato devastante: 897 miliziani di Hezbollah sono stati uccisi e altri 1700 sono rimasti feriti, alcuni gravemente. Oltre ai danni fisici, l’operazione ha seminato il terrore psicologico, inducendo paura e sospetto nell’uso di tecnologie avanzate tra i membri di Hezbollah e i loro sostenitori. La strategia a lungo termine del Mossad ha lasciato una scia di incertezza e timore tra i terroristi, che si domandano se ci siano altre bombe nascoste pronte a essere attivate, costringendoli a interrogarsi sulle proprie vulnerabilità e sulla possibilità di ulteriori attacchi”, conclude.

Dal cyber alla supply chain attack: dove si arriverà?

L’attacco può essere definito a tutti gli effetti non solo un caso di “Supply Chain Attack” ma in un certo modo anche di “Supply Chain Interdiction”, ovvero di intercettazione e manipolazione della catena di approvvigionamento per ostacolare e procurare danni all’operatività di un soggetto avversario.

Questa complessa operazione d’Intelligence è stata definita immorale, spericolata e sconsiderata per aver coinvolto anche vittime civili. Tuttavia l’ex portavoce internazionale dell’IDF (Israel Defense Forces), il colonnello Jonathan Conricus, al contrario ne esalta i risultati per la precisione con cui sono stati colpiti personaggi operativi di spicco di Hezbollah.

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