Il direttore dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale è intervenuto alla presentazione del primo Rapporto ‘Censis-DeepCyber’ sulla Cybersicurezza in Italia.
“Non possiamo delegare sulla cybersicurezza e sulla trasformazione digitale, che ci coinvolgono”. Questo il punto fermo del direttore generale dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, intervenuto alla presentazione del primo Rapporto ‘Censis-DeepCyber’ sulla Cybersicurezza in Italia. “Questo è un momento fondamentale”, ha aggiunto Roberto Baldoni, “la cybersicurezza è qualcosa che deve entrare nella nostra vita, dobbiamo sapere che ogni click è un potenziale rischio”.
Tra le soluzioni?
Allora quale una delle possibili soluzioni per non continuare a delegare sulla transizione digitale ed in particolare sulla cybersicurezza?
“Dobbiamo andare sempre più verso la sovranità digitale e quindi avere un’autonomia strategica su alcuni settori chiave”, ha spiegato Baldoni, che sta preparando, per pubblicarla il prossimo mese, la Strategia Nazionale di Cybersicurezza. Una volta approvata dal Comitato interministeriale per la cybersicurezza, verrà adottata dal presidente del Consiglio dei ministri.
La Strategia guarderà fino al 2026 ed include, in una modalità integrata, tutta la parte dedicata al cloud nazionale, la rete dei Laboratori di prova (LAP), che avranno come perno il Centro Valutazione e Certificazione Nazionale (CVCN), gestito dall’ACN, e lo sviluppo dell’autonomia tecnologica per diminuire le dipendenze dall’estero.
Il 43% dei dirigenti non ha avuto una formazione specifica sulla cybersecurity
In attesa di conoscere queste linee guida, da subito va incentivata la formazione in cybersecurity, perché dal rapporto presentato oggi (qui la sintesi dei dati) emergono due dati preoccupanti:
- Il 28,1%, pur dichiarandosi preoccupato, non fa nulla di concreto per difendersi, mentre il 10,3% non ha alcuna preoccupazione sulla sicurezza informatica. In generale, quindi, quasi 4 italiani su 10 sono indifferenti o non si tutelano contro gli attacchi informatici.
- Il 43% dei dirigenti non ha avuto una formazione specifica sulla cybersecurity.
“Sono percentuali troppo alte”, ha commentato Baldoni, ricordando che “la crescita della consapevolezza sulla sicurezza cibernetica è uno degli obiettivi dell’Agenzia”, che guida.
Cercasi disperatamente esperti di cybersicurezza
Infine, il dg dell’ACN ha posto l’attenzione su altri “due problemi, uno è la velocità della trasformazione digitale e l’altro nella formazione perché il sistema universitario non ce la fa a produrre tutti quegli esperti di cui avremmo bisogno”, ha spiegato. “Ricordo che nel mondo ci sono tre milioni di posizioni in ambito di sicurezza informatica che non sono coperte”.
Ed anche l’Agenzia italiana per la cybersicurezza è a caccia di cyberdefender per giungere dalle attuali 80 ad 800 persone nel 2027-2028. Un numero che è già inferiore all’omologo organismo francese, l’ANSSI, in cui lavorano circa 1.000 persone, opera dal 2009 e quello tedesco, il BSI, è stato fondato addirittura nel 1991 e conta su 1.200 persone. “La magnitudo del problema richiede, infatti, 1.200 persone”, ha concluso Roberto Baldoni.
Per approfondire:
Alla presentazione del rapporto è intervenuto anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e Autorità delegata delegata alla sicurezza Franco Gabrielli: “Non è la panacea per tutti i mali, c’è un percorso da completare”. Leggi l’articolo