Gli attacchi DDoS, ovvero Distributed Denial of Service, sono tra i malware più utilizzati dai cyber criminali in questo 2017. Lo scopo principale di questi attacchi è quello di creare dei danni ai server di un’azienda per portarla fuori dalla Rete. Oltre al danno alla produttività questi attacchi possono essere usati anche per rubare informazioni sensibili.
I ricercatori per la sicurezza informatica hanno scoperto che nell’ultimo trimestre del 2017 gli hacker hanno tentato in media 237 attacchi DDoS a settimana contro le PMI. Una media di otto tentativi al giorno. Un numero importante che eleva il pericolo Distributed Denial of Service alla pari dei malware più temuti di questo 2017, ovvero i ransomware. Per i DDoS la crescita rispetto ai numeri del 2016 è esponenziale. Nel primo trimestre del 2017 questa minaccia informatica era in crescita del 35% mentre al momento è aumentata del 91% rispetto agli stessi numeri del trimestre autunnale del 2016.
La colpa è degli oggetti IoT
La domanda che la maggior parte degli imprenditori si pone è: perché gli attacchi Distributed Denial of Service sono così in aumento? Secondo gli esperti di sicurezza informatica le colpe sono duplici. Da una parte nel dark web si trovano dei veri e propri servizi di noleggio per attacchi DDoS. E questo ha permesso anche ai gruppi di cyber criminali meno esperti di utilizzare questo malware. In secondo luogo il crescente utilizzo di oggetti Internet of Things vulnerabili ha permesso agli hacker di trovare un’infinità di strumenti utili a diffondere i propri attacchi DDoS. I costi di un attacco Distributed Denial of Service a noleggio sono davvero bassi. Per poco meno di 100 euro un cyber criminale può iniziare a infettare una PMI o una grossa azienda.
In aumento anche i RDoS
Come se il quadro generale non fosse già abbastanza negativo nell’ultimo trimestre del 2017 sono in aumento anche i cosiddetti RDoS, ovvero Ransom Denial of Service. In pratica si tratta di una fusione tra un attacco DoS e un ransomware. Il criminale in questo caso manda in tilt il sistema interno di un’impresa e per riattivarlo chiede un riscatto, quasi sempre pari a 200 Bitcoin, all’azienda presa di mira. Secondo uno studio di Kaspersky Lab solo a settembre un gruppo di hacker asiatici ha racimolato circa 315.000 dollari attaccando con gli RDoS un gruppo di banche in Corea del Sud.