Da oggi al via la rubrica “Homeland Security”, un luogo dove parlare di cybersecurity in ottica olistica, cioè cercando di cogliere le problematiche e gli aspetti che i temi anche al di fuori della dimensione prettamente cyber.
Questo breve editoriale nasce come apertura della rubrica “Homeland Security” su Cybersecurity Italia per spiegarne il perché, le sue finalità e i suoi scopi. Esistono in Italia molte rubriche e giornali on-line, alcune delle quali anche di pregiata qualità, che si occupano del tema della cybersecurity, perché quindi una nuova rubrica?
La riposta che ci siamo dati a questa domanda vuole essere in qualche modo il nostro manifesto. In particolare sono due le tematiche che appaiono, a nostro avviso, non adeguatamente coperte nel panorama nazionale. In primo luogo manca un forum di divulgazione scientifica delle problematiche legate alla cybersecurity; esistono siti, fra cui Cybersecurity Italia, che fanno ottima informazione sul tema, così come siti che trattano gli aspetti tecnici con i dovuti dettagli. Manca però un luogo dove è possibile trovare approfondimenti e discussioni che si collochino a metà strada fra la sintetica informazione e la analisi per specialistici, ovvero una comunicazione orientata in primo luogo a coloro (manager e policy maker) che hanno necessità di comprendere pienamente i diversi fenomeni senza però avere la possibilità di perdersi nei dettagli tecnici.
La seconda motivazione è che in questa rubrica vogliamo parlare di cybersecurity in ottica olistica, cioè cercando di cogliere le problematiche e gli aspetti che i temi di cybersecurity implicano anche al di fuori della dimensione prettamente cyber. Oramai sta emergendo con chiarezza a livello internazionale che, pur nella sostanziale differenza che esiste fra sicurezza fisica e cybersecurity, è fondamentale delineare strategie di sicurezza all-hazard, ovvero in grado cioè di analizzare in modo unitario le problematiche che possono derivare da minacce di natura cyber, così come da quelle di natura fisica, contemplando sia gli eventi accidentali che quelli dolosi. Il tutto con un’ottica che includa, oltre alla visione tecnologica, anche la dimensione umana essendo questa in molti casi l’elemento di maggiore criticità, ma la tempo stesso il fulcro di ogni efficace iniziativa di sicurezza.
Per questo abbiamo voluto evidenziare nella declaratoria di questa rubrica la volontà di concentrarci sul paradigma CPHS (Cyber-Physical Human Systems), termine forse inusuale, ma che ci aiuta a sottolineare come sempre di più occorre un approccio in grado di cogliere le tre dimensioni perché solo in questo modo si comprendono davvero i fenomeni e, di conseguenza, possono mettersi in atto strategie realmente efficaci.