È in dirittura d’arrivo lo studio del governo sulle soluzioni ai problemi relativi agli accessi illeciti alle banche dati informatiche pubbliche, anche alla luce dei recenti casi emersi di molteplici accessi abusivi e di attività di dossieraggio.
Nel pomeriggio di ieri, a Palazzo Chigi, si è svolta una riunione coordinata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, alla quale hanno preso parte i vertici delle Forze di Polizia, dell’intelligence, dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale e del comparto della Difesa. È quanto si apprende da fonti di palazzo Chigi.
Durante la riunione, spiegano sempre le stesse fonti, è stato fatto il punto sui problemi relativi agli accessi illeciti alle banche dati informatiche pubbliche, anche alla luce dei nuovi casi emersi di molteplici accessi abusivi e di attività di dossieraggio.
Sono state approfondite le novità già introdotte dopo l’incontro del marzo scorso e i percorsi di tipo amministrativo e organizzativo per rendere più stringente il sistema dei controlli, con adeguati alert atti a scongiurare gli abusi e con verifiche periodiche. Il tavolo tecnico si ritroverà nuovamente a Palazzo Chigi nel mese di novembre per chiudere definitivamente l’assetto delle nuove regole con linee guida vincolanti.
L’urgenza di proteggere i database
L’urgenza della questione, esplosa anche a seguito dell’inchiesta di Perugia sull’esfiltrazione di file dalle banche dati della Direzione nazionale antimafia, è stata denunciata qualche settimana fa anche dall’Associazione nazionale magistrati, che aveva chiesto un incontro al ministro della Giustizia per affrontare la carenza di sicurezza nei database a cui lavorano investigatori, pm e giudici.
E parallelamente proseguono le audizioni della commissione parlamentare Antimafia in merito alle indagini della stessa procura umbra sui presunti dossieraggi. “Anche in passato abbiamo rilevato compromissioni di informazioni di Segnalazioni di operazioni sospette, ma anche di contenuti virgolettati riportati sui giornali, con dei passaggi ripresi in modo esatto integralmente rispetto al testo delle stesse segnalazioni”, ha spiegato alla bicamerale il colonello Stefano Giovanni Salvatore Rebechesu, capo ufficio operazioni del comando interregionale dell’Italia centrale della Guardia di finanza, che si riferisce a casi accaduti in precedenza ma simili alla presunta fuga di informazioni attribuita al tenente Pasquale Striano, tra i principali uomini chiave dell’inchiesta.
Si tratta di audizioni che per Forza Italia aumentano “lo sconcerto e la confusione. Emerge che la procura antimafia fosse diventata un colabrodo, senza effettive possibilità di controllo su un militare che avesse deciso accessi illegali a dati sensibili”, accusa il vicepresidente della commissione, Mauro D’Attis, lo stesso che qualche giorno fa ha depositato alla Camera la proposta di legge per la modifica della legge istitutiva della stessa commissione per arginare conflitti di interessi interni. Alla base di queste scelte c’è lo scontro sulle vicende che vedono sotto i riflettori i membri in quota M5s ed ex magistrati Antonio Scarpinato e Federico Cafiero de Raho. Quest’ultimo era procuratore antimafia ai tempi dei presunti illeciti commessi da Striano.
Al centro delle polemiche su Scarpinato c’è invece una presunta intercettazione secondo cui il senatore della stessa commissione avrebbe provato a concordare domande e risposte con l’ex collega Gioacchino Natoli in occasione di una sua audizione che riguardava le indagini sulla cancellazione dei brogliacci dell’inchiesta sull’imprenditore mafioso Antonino Buscemi, figura associata alle vicende sulla morte di Paolo Borsellino.
E in queste ore in difesa dei due togati si è espresso Salvatore Borsellino, il fratello di Paolo: “È una vergogna che lo Stato ritenga di poter allontanare i suoi più valorosi servitori con la scusa di un supposto conflitto di interessi che, però, evidentemente, non è ritenuto così insidioso quando ad averlo è la presidente stessa”, ha detto in una lettera aperta il presidente dell’associazione ‘Agende Rosse’, assieme a rappresentanti e parenti di altre vittime di mafia, prendendo posizione contro la proposta di legge del centrodestra.
L’accusa è diretta alla presidente Chiara Colosimo ed ha come riferimento una foto in cui la stessa veniva immortalata assieme all’ex Nar Luigi Ciavardini. Ma i componenti di FdI replicano: “Sono sconcertanti ed ingiuste le accuse rivolte”.