Due esperti di diritti umani delle Nazioni Unite chiedono a Washington di indagare sul sospetto hackeraggio da parte dei sauditi dello smartphone personale di Jeff Bezos, fondatore di Amazon e proprietario del Washington Post. Ma le indagini forensi a quanto pare forniscono dati incompleti, che fanno aumentare le domande su quello che è diventato un vero intrigo internazionale.
“Va detto subito che nonostante si discuta della compromissione del telefono di Bezos, secondo alcuni media che hanno visionato il rapporto stilato a seguito dell’investigazione, pare non sia stato trovato il malware”, spiega a Rainews l’ingegner Pierluigi Paganini, esperto di cybersecurity e consulente Enisa (European Union Agency for Network and Information Security). Gli esperti, sottolinea Vice, cercano di capire chi possa aver aiutato l’Arabia saudita a hackerare il telefono dell’uomo più ricco della Terra.
TECH Il malware misterioso Il telefono di Jeff Bezos tra cybersecurity e intrigo internazionale Quello che si sa e soprattutto quello che ancora non si conosce del presunto hack del telefono Bezos, a cominciare dal software Tweet Jeff Bezos (archivio) Pierluigi Paganini: cosa si sa sul caso del presunto hackeraggio del telefono di Jeff Bezos L’Onu chiede ‘inchiesta immediata’ su hackeraggio dello smartphone di Jeff Bezos “The Guardian”: telefono di Bezos hackerato dopo messaggio da principe saudita di Celia Guimaraes 23 gennaio 2020 Due esperti di diritti umani delle Nazioni Unite chiedono a Washington di indagare sul sospetto hackeraggio da parte dei sauditi dello smartphone personale di Jeff Bezos, fondatore di Amazon e proprietario del Washington Post.
Ma le indagini forensi a quanto pare forniscono dati incompleti, che fanno aumentare le domande su quello che è diventato un vero intrigo internazionale. “Va detto subito che nonostante si discuta della compromissione del telefono di Bezos, secondo alcuni media che hanno visionato il rapporto stilato a seguito dell’investigazione, pare non sia stato trovato il malware”, spiega a Rainews l’ingegner Pierluigi Paganini, esperto di cybersecurity e consulente Enisa (European Union Agency for Network and Information Security).
Gli esperti, sottolinea Vice, cercano di capire chi possa aver aiutato l’Arabia saudita a hackerare il telefono dell’uomo più ricco della Terra: Osserva ancora Paganini: “Secondo un rapporto ottenuto da Motherboard, è stato individuato solo un file video sospetto ed il messaggio originale che avrebbe dato il via all’inoculazione dello spyware. Secondo l’indagine, condotta sul telefono, a seguito della ricezione del video il traffico in uscita del telefono sarebbe aumentato in maniera anomala, una circostanza che suggerirebbe che siano stati esfiltrati (sottratti, estratti ndr) grandi quantitativi di dati”.
L’uomo di fiducia Il condizionale è d’obbligo, aggiunge l’esperto: “Senza analizzare il codice malevolo è impossibile determinarne le sue funzionalità e soprattutto attribuire l’attacco ad un attore specifico.
Sempre secondo il rapporto, il telefono potrebbe esser stato compromesso con un software fornito al principe ereditario saudita Mohammed bin Salman da Saud al Qahtani, noto per aver procurato al regime saudita strumenti di hacking offensivi, compreso il software di sorveglianza sviluppato dalla società italiana Hacking Team”.