Cybersecurity, il sistema di protezione a due fattori di Google funziona davvero?

Con tutto il parlare che si fa di sicurezza informatica, online e non, fa riflettere che l’adozione di una pratica semplice e sicura come l’autenticazione a due fattori sia ancora scandalosamente bassa.

Eppure è quanto emerge dai dati diffusi dallo sviluppatore Google Grzegorz Milkae relativi a un pacchetto di servizi tra i più diffusi al mondo — quelli offerti dalla casa di Mountain View tramite Gmail: secondo Milka infatti meno del 10 percento degli utenti attivi nell’uso di Gmail si affida a questo utile ma opzionale sistema per proteggere i propri dati. L’affermazione è preoccupante non solo perché Gmail è ormai il servizio di posta elettronica più diffuso al mondo, ma soprattutto per via del numero spropositato di app, siti e piattaforme che sfruttano il login di Gmail come metodo di accesso.

Restando nell’universo Google, sono centinaia di milioni i proprietari di smartphone Android che hanno un account Gmail collegato al telefono, al quale restano legati (consapevolmente o no) cronologie di ricerca, numeri di telefono, documenti salavati in cloud, foto e perfino spostamenti: lasciare disattivata l’autenticazione a due fattori su Gmail mette tutte queste informazioni alla portata di chiunque riesca a indovinare la password dell’account.

Uscendo dal giardino di Big G la situazione non cambia: numerosi social network, strumenti di collaborazione online e in generale un’elevata percentuale di siti e app offre l’opportunità di autenticarsi presso i propri sistemi utilizzando il comodo pulsante “accedi con Google”; da una parte la trovata offre agli utenti la comodità di non doversi ricordare un nome utente e una password in più, ma d’altro canto, se l’account Gmail che protegge il tutto è così sguarnito, mette ulteriori informazioni personali a rischio.

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