Cooperazione, innovazione tecnologica, cybersecurity, attacchi ibridi, formazione, ricerca, imprese e internazionalizzazione, ma anche Russia e Nato nell’intervento del Vice Ministro degli Affari Esteri Edmondo Cirielli alla Conferenza internazionale “CyberSec2023 – Nuovi Domìni, Guerre Ibride e Cooperazione”, in corso a Roma e giunta alla sua 2a edizione.
Intervento del vice ministro degli Affari esteri su cooperazione e cybersecurity
La cybersecurity è divenuto nel tempo un argomento di rilevanza strategica per tutti i Paesi del mondo. Si ricollegano ad esso diverse dinamiche critiche legate alla Difesa e alla sicurezza, alla politica industriale e all’avanzamento tecnologico, fino alle implicazioni geopolitiche di cui viviamo gli esiti più drammatici con l’attacco della Russia in Ucraina e le tensioni sempre forti tra Stati Uniti e Cina.
Di questo ha parlato nel suo intervento Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale del Governo Meloni, intervenendo al secondo giorno della conferenza internazionale “CyberSec2023 – Nuovi Domìni, Guerre Ibride e Cooperazione”, giunta alla 2a edizione e organizzata dal quotidiano online Cybersecurity Italia.
Cybersecurity, nuovi domini, guerre ibride e cooperazione, rappresentano un po’ il panorama politico e culturale di una dibattito che in questo momento deve affrontare l’intero mondo dell’economia e non solo. “In tempi normali, in termini di cooperazione internazionale, avremmo avuto ottime relazioni con gli altri Paesi, aperta a 360 gradi, ma oggi l’aggressione russa all’Ucraina ha cambiato tutto – ha spiegato Cirielli – e rappresenta la punta dell’iceberg di un mondo che è cambiato, un mondo dove sostanzialmente è venuta meno la fiducia verso la globalizzazione e la diffusione della tecnologia, che avrebbero dovuto portare ovunque democrazia e diritti. Oggi lo stato di diritto purtroppo è drammaticamente crollato in diversi Paesi. La guerra avviata dalla Russia, uno dei cinque stati che ha il potere di vetro nel consiglio di sicurezza dell’ONU, ha sostanzialmente distrutto l’ordine globale che la seconda Guerra mondiale aveva messo in piedi e indebolito il principio generale che i rapporti tra gli stati non si possono regolare con la forza. Oggi – ha proseguito il vice ministro – ben più della metà del pianeta è governata da stati totalitari. Ben più della metà della popolazione vive senza democrazia e viene spiata in maniera invasiva anche grazie alle tecnologie cyber. Gli stati totalitari innanzitutto usano queste tecnologie proprio per comprimere le libertà dei propri cittadini”.
“Il controllo delle tecnologie più sensibili è fondamentale per la difesa della nostra sicurezza. Lo spread tecnologico che esiste nel mondo paradossalmente ci risparmia altre guerre. La cooperazione internazionale rimane una grande sfida e una necessità, di cui conosciamo i limiti, ma che nell’ambito del campo occidentale va affrontata con intelligenza, con pragmatismo, ma soprattutto con una coerenza di medio e lungo termine, anche senza guardare all’immediatezza e ai possibili contraccolpi. Una sfida che si collega a quella della cybersecurity, a quella del progresso tecnologico e scientifico e a quella economica. Il campo di intervento è ampio e pieno di insidie, proprio perché viviamo in un mondo sempre più pericoloso a causa degli attacchi ibridi e asimmetrici. È evidente che non è solo un tema di protezione dei dati delle aziende private, ma anche di protezione di tutto il settore pubblico, da quello più sensibile collegato alla Difesa a quello relativo al funzionamento complessivo dello Stato”, ha precisato Cirielli.
Dalla ricerca alle competenze, dall’internazionalizzazione delle imprese alla Nato
Cirielli ha poi affrontato il tema centrale delle competenze, della formazione e degli investimenti in ricerca. Ambiti di intervento a cui lo Stato deve dare maggiore attenzione, anche con un occhio al futuro. “C’è poi un altro aspetto critico, relativo alla formazione e valorizzazione delle competenze nella pubblica amministrazione, anche in relazione a questi settori strategici, dalle tecnologie più avanzate alla cybersecurity. Non mi riferisco tanto al tema del rientro di cervelli dall’estero, ma se noi non mettiamo in campo la ricerca anche applicata alla tecnologia – ha spiegato Cirielli – i giovani che prima si laureavano in queste discipline è molto probabile che andranno a lavorare all’estero in questi campi specifici. Più investe il privato, più il pubblico fa da volano su questo, maggiore è la formazione e maggiore la capacità di trattenere cervelli, intelligenze e competenze che possono supportare la nostra classe dirigente”.
Aumentare la spesa in ricerca e innovazione significa quindi curare la crescita culturale e umana delle nuove generazioni, anche in termini di valori e principi di un sistema democratico, e in ultima istanza rafforzare la capacità dello Stato di contrastare e reagire agli attacchi e di tutelare la sicurezza di cittadini e imprese: “Investire su questo è strategico, favorire la crescita economica, industriale, tecnologica, di conoscenze e umana, è un aspetto centrale per la nostra politica, la nostra sicurezza e il rafforzamento del nostro posizionamento accanto ai nostri alleati sullo scacchiere globale. Il ministero degli Esteri sostiene l’internazionalizzazione delle imprese, ma è pronto a sostenere con la sua diplomazia economica anche la presenza di nostre aziende all’estero. A riguardo, stiamo portando avanti una collaborazione significativa con tutti i Paesi membri e alleati della NATO per garantire un ambiente sicuro alle nostre aziende e ai nostri operatori all’estero. Esiste un’organizzazione e una rete diplomatica che lavora a tutto questo e che si occupa specificatamente di questo come sistema Paese”.