Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, presieduto dal leghista Raffaele Volpi, lancia l’allarme: “si dovrebbe valutare anche l’ipotesi, ove necessario per tutelare la sicurezza nazionale, di escludere le aziende cinese dalla attività di fornitura di tecnologia per le reti 5G”.
Valutare l’ipotesi di escludere Huawei e ZTE dal 5G in Italia, “ove necessario per tutelare la sicurezza nazionale”. Questo il verdetto scritto dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), presieduto dal leghista Raffaele Volpi, nella relazione sulle politiche e gli strumenti per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica, a tutela dei cittadini, delle istituzioni, delle infrastrutture critiche e delle imprese di interesse strategico nazionale (relatore: Elio Vito di Forza Italia).
“Il Copasir non può che ritenere in gran parte fondate le preoccupazioni circa l’ingresso delle aziende cinesi nelle attività di installazione, configurazione e mantenimento delle infrastrutture delle reti 5G”, si legge nella relazione. “Conseguentemente”, è scritto nel documento dell’organo bicamerale, “oltre a ritenere necessario un innalzamento degli standard di sicurezza idonei per accedere alla implementazione di tali infrastrutture”, il Copasir “rileva che si dovrebbe valutare anche l’ipotesi, ove necessario per tutelare la sicurezza nazionale, di escludere le predette aziende dalla attività di fornitura di tecnologia per le reti 5G”.
Nella relazione si ricorda che “lo sviluppo tecnologico in questo settore, che in una prima fase ha visto la prevalenza degli Stati Uniti, negli anni recenti ha fatto registrare una crescita rilevante delle aziende cinesi (Huawei, ZTE), che sono oggi protagoniste significative nell’ambito della tecnologia per la realizzazione delle reti 5G. Huawei in particolare ha notevolmente potenziato la sua presenza commerciale nel nostro Paese, ed oggi è uno degli attori fondamentali per la realizzazione della rete 5G. Contrariamente a quanto avviene per le imprese occidentali, le aziende cinesi, pur formalmente indipendenti dal potere governativo, sono tuttavia indirettamente collegate alle istituzioni del loro Paese, anche in virtù di alcune norme della legislazione interna”.
“Non anteporre le esigenze commerciali e di mercato ai rischi sulla sicurezza nazionale”
“Appare certamente difficile, in una realtà caratterizzata dalle leggi del mercato e della libera concorrenza, prevedere interventi autoritativi che potrebbero mettere a rischio la stessa realizzabilità di progetti ritenuti essenziali per lo sviluppo delle nuove tecnologie”, continua la relazione ricordando il caso statunitense con l’entrata in vigore del divieto per Huawei rinviato più volte (da ultimo, l’entrata in vigore del divieto è stata prorogata al febbraio 2020). “Per queste medesime ragioni – rileva il Copasir – né gli organi della Ue, né i principali Paesi europei hanno finora adottato provvedimenti di divieto o limitazione alle attività degli operatori cinesi, pur nella consapevolezza dei possibili rischi che potrebbero derivarne”.
“La rilevanza del problema è stata, peraltro, recentemente confermata in occasione del Consiglio dell’Unione europea Trasporti, telecomunicazioni ed energia del 3-4 dicembre 2019, che nelle conclusioni sul tema del 5G ha, tra l’altro, sottolineato come i Paesi membri debbano considerare fra i fattori di rischio per la sicurezza non solo i profili attinenti la tecnologia ma altresì quelli derivanti dalle politiche e dagli ordinamenti legislativi vigenti nei Paesi terzi dai quali vengono acquisiti prodotti e servizi” – prosegue la relazione – “In proposito, il Comitato ritiene di sottolineare che le pur significative esigenze commerciali e di mercato, che assumono un ruolo fondamentale in una economia aperta, non possono prevalere su quelle che attengono alla sicurezza nazionale, ove queste siano messe in pericolo”.
Mollicone (FdI): “Tutelare la sovranità digitale italiana”
“Il documento conclusivo dei lavori dell’indagine sulla sicurezza delle telecomunicazioni del comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica conferma i nostri allarmi sulla presenza di aziende collegate con la Repubblica Popolare Cinese nelle nostre infrastrutture TLC. Il rischio viene dunque certificato dal Copasir, che prende in considerazione le normative di riferimento della Cina sulle aziende, che impone piena collaborazione e condivisione di informazioni con le gerarchie militari e politiche”. E’ quanto ha dichiara il deputato responsabile Innovazione di Fratelli d’Italia, Federico Mollicone.
“Il combinato disposto della legge sulla Sicurezza Nazionale e quella sulla Sicurezza Cibernetica della dittatura comunista cinese obbliga”, ha proseguito Mollicone, “in via generale, cittadini e organizzazioni a fornire supporto e assistenza alle autorità di pubblica sicurezza militari e alle agenzie di intelligence ed impone agli operatori di rete di fornire supporto agli organi di polizia e alle agenzie di intelligence nella salvaguardia della sicurezza e degli interessi nazionali”.
“E’ quindi necessario ora mettere in discussione la presenza di aziende cinesi come Huawei e ZTE nelle nostre infrastrutture strategiche, tutelando la sovranità digitale italiana”, ha concluso il deputato, “le informazioni e dati sensibili riconducibili a cittadini, enti e aziende italiani.”
Per approfondire: