5G e rischio cybersecurity, perché non c’è soltanto Huawei

Le telco messe in guardia dalla crescente dipendenza dai fornitori di apparati nel 5G. Software, virtualizzazione delle reti e network slicing portano con sé nuove problematiche.

Visto che l’ultimo report della Commissione Ue sulla sicurezza del 5G mette in guardia dalle interferenze dei paesi extra Ue, è comprensibile che per gli osservatori del settore il vero soggetto nel mirino sia in realtà Huawei. E fino ad un certo punto sicuramente è così, ma non del tutto perché oltre al fornitore cinese sulla bocca di tutti c’è molto altro nel report al di là dei timori suscitati dal vendor asiatico.

Perché in generale il 5G in generale renderà gli operatori Tlc più legati e dipendenti dai produttori di apparati di quanto non accada per altre precedenti tecnologie di comunicazione mobile, come sottolineato dal report ‘EU coordinated risk assessment of the cybersecurity of 5G networks’. Il rapporto ha l’obiettivo di aiutare i paesi membri a preparare una serie di contromisure pratiche per mitigare entro la fine di quest’anno i rischi del 5G.

Inoltre, le nuove caratteristiche tecniche del 5G, che vanno dal maggior ricorso al software alla virtualizzazione, allo slicing dello spettro al mobile fino all’edge computing, solleveranno nuove sfide in termini sia di mutamento delle vulnerabilità di rete sia di coinvolgimento di nuovi soggetti.

In parole povere, per le telco sarà più complesso gestire la security delle reti nel suo complesso perché la supply chain sarà più ampia, con nuovi player che ne entreranno a far parte, come ad esempio integratori, service provider e fornitori di software. Player nuovi sempre più coinvolti nell’architettura e manutenzione di ampie parti del network.

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